Tour Brescia a Golositalia

Tour Brescia a Golositalia

La Città di Brescia, chiamata anche la Leonessa d’Italia, è un’importante città romana e Longobarda che ospita l’importante Golositalia a pochi minuti dalla città, ed offre un patrimonio artistico e architettonico che rispecchia la storia e la cultura della italiana.

Fuori-Fiera vi invita a visitare questi angoli di storia, suggerendo un percorso itinerante, sia durante il giorno e sia nelle ore serali, soffermandosi ad ammirarli e degustando gli ottimi vini e prodotti tipici tra le osterie e ristoranti locali tra una tappa e l’altra.

Se preferisci essere accompagnato da una guida turistica e/o da un sommelier contattaci pure a questo indirizzo: office@fuori-fiera.com

Clicca sul titolo del luogo e si aprirà la mappa per arrivare da dove ti trovi.

Il Parco dell’Acqua Asm Gianni Panella appartiene al circuito dei parchi pubblici del Comune di Brescia ed è aperto dalle 8.30 alle 22.00 da lunedì a domenica, negli edifici interni al parco sono ospitati i percorsi espositivi ideati e gestiti da AmbienteParco.

E’ un Parco Scientifico dedicato alla sostenibilità ambientale. 12.000 metri quadrati di verde nel cuore di Brescia, dove esposizioni interattive, programmi didattici e percorsi ludici divertono educando a stili di vita sostenibili. Un’ampia area verde con parco giochi, un laghetto e un tunnel subalveo, 5 edifici espositivi, un auditorium e, per i più golosi, il ristorante Mondo Liquido.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

La Pinacoteca Tosio Martinengo è ospitata nel palazzo Martinengo da Barco in piazza Moretto, il conte e collezionista Paolo Tosio decise, nel 1832, di allestire una vera e propria “casa-museo” nel cosiddetto palazzo Tosio, dimora di sua proprietà progettata e ideata dal’architetto Rodolfo Vantini. Il palazzo del nobile bresciano, così facendo, arrivò ad ospitare una ricca ed eterogenea collezione di opere d’arte, con dipinti appartenenti alla pittura cinquecentesca italiana come quelli di Raffaello, del Moretto, del Lotto e del Savoldo; ciononostante, erano comunque presenti svariati dipinti della scuola fiamminga e della pittura olandese del XVI e XVII secolo, oltre che del Neoclassicismo e Romanticismo.

Alla morte dello stesso conte Tosio, nel 1843, la suddetta collezione venne lasciata in eredità al comune di Brescia; allo stesso modo nel 1846, alla morte anche della vedova Paolina Bergonzi, il palazzo fu ceduto alla comunità affinché le opere ivi presenti fossero esposte nella loro originaria collocazione: si venne dunque a creare, a seguito di quella medesima donazione, una prima pinacoteca civica. Peraltro la collezione di opere esposte aumentò sensibilmente grazie al trasferimento di pale d’altare ed affreschi da chiese cittadine soppresse e da palazzi e dimore signorili demolite oltre che da edifici municipali; alcuni illustri cittadini bresciani, inoltre, tra i quali Camillo Brozzoni, Alessandro Sala, senza trascurare la stessa famiglia Calini, donarono un’ingente quantità di collezioni ed opere private.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Piazza del Mercato è una piazza di Brescia, situata a sud ovest di piazza della Vittoria lungo corso Palestro, all’estremità nord di via Antonio Gramsci. Formatasi a partire dal Quattrocento, ha conosciuto numerose aggiunte e modifiche, soprattutto negli edifici affacciati ai suoi lati, fino alla prima metà del Novecento. Ciò ha comportato una notevole varietà tipologica e cronologica delle costruzioni che delimitano la piazza e dei suoi monumenti, con testimonianze quattrocentesche (i portici del prospetto sud), cinquecentesche (palazzo Beretta), seicentesche (chiesa della Madonna del Lino), settecentesche (palazzo Martinengo Palatini), ottocentesche (fontana centrale) e novecentesche (palazzine degli anni ’30 e ex mercato coperto degli anni ’60). La piazza prende forma nel XV secolo con la spianata della prima cinta comunale realizzata nel 1187, il cui tracciato passava pochi metri più a sud, seguendo l’attuale corso Palestro, in direzione del Serraglio, antico quartiere militare creato dai Longobardi tra il VI e il VII secolo.

La piazza manteneva una quota di terra più alta rispetto all’esterno, dovuta probabilmente ad un naturale rialzo del terreno in quel punto, contro il quale erano state appoggiate le nuove mura: questa caratteristica è ancora oggi chiaramente osservabile, dato che, per accedere alla piazza dalle due traverse di collegamento con corso Palestro, bisogna salire una breve scalinata. Nel 1435, sul lato sud della piazza, ormai ingombro di sassi e rovine, si stabiliscono i venditori di panni e di lino, collocandovi i loro banchetti e una serie di baracche di legno. Questa provvisoria situazione viene fissata definitivamente nel 1481 per merito dell’amministrazione comunale, che provvede alla costruzione di un lungo porticato con residenze per i bottegai al primo piano.

Nel 1985 l’Università degli studi di Brescia acquista palazzo Martinengo Palatini e, dopo un lungo periodo di restauro, vi stabilisce nel 2000 la sede del rettorato e alcuni uffici amministrativi. Dal 2011 la piazza, fino ad allora utilizzata come parcheggio, viene resa zona pedonale e liberata dagli autoveicoli, nell’ambito di un più ampio programma di pedonalizzazione del centro storico.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Piazza della Vittoria, o più semplicemente piazza Vittoria, è una delle principali piazze di Brescia, costruita fra il 1927 e il 1932 su progetto dell’architetto e urbanista Marcello Piacentini attraverso la demolizione di una parte del centro storico medievale. Oggetto di smantellamento degli elementi rappresentativi dell’ideologia fascista nel secondo dopoguerra è un emblema di architettura e organizzazione urbanistica del ventennio.

Sostenuti da una forma politica che non ammetteva contrasti e opposizioni e dal bresciano Augusto Turati, il nuovo segretario nazionale del Partito fascista, gli amministratori bresciani avviarono, nel 1927, un processo di razionalizzazione globale del volto urbano, immediatamente sostenuto dalle alte gerarchie del governo e anche dallo stesso Benito Mussolini: fu indetto un concorso, al quale parteciparono praticamente tutte le personalità nazionali nel mondo dell’architettura, anche di corrente modernista, ma il concorso ebbe alla fine solo valenza di indirizzo. Infatti il progetto venne poi affidato all’accreditato architetto romano Marcello Piacentini che disegnò un nuovo piano regolatore su un’ampia parte del territorio comunale. Questo progetto prevedeva quindi l’apertura di una piazza nel nucleo storico cittadino, al posto dell’antico quartiere delle Pescherie, in contemporanea ad riassestamento della rete viaria urbana che avrebbe visto Brescia attraversata da due arterie perpendicolari che avrebbero velocizzato il traffico. Lo sventramento ebbe inizio nel 1929 e fu completato in meno di due anni.

Questo metodo costruttivo, basato sulla demolizione di un’area comunque storica della città, all’epoca portò comunque pareri discordanti, tra chi pensava che la demolizione avesse privato il centro storico di gran parte del suo sapore antico e caratteristico, e altri che lo interpretavano come un atto risanatore di un quartiere ormai decadente. Ma non era una novità per l’epoca questo modus operandi, basti ricordare la Spina di Borgo a Roma, demolita per far posto alla nuova Via della Conciliazione.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Il Duomo vecchio, ufficialmente concattedrale invernale di Santa Maria Assunta, è la concattedrale di Brescia, titolo che divide con l’adiacente Duomo nuovo. Costruito a partire dall’XI secolo sopra una precedente basilica, ha subito più di un ampliamento nel corso dei secoli ma ha conservato intatta l’originaria struttura romanica, che ne fa uno dei più importanti esempi di rotonde in Italia, nonché come una dei più significativi esempi dell’architettura romanica lombarda. L’edificio contiene anche numerose e importanti opere, fra le quali spiccano un sepolcro di Bonino da Campione, l’organo di Giangiacomo Antegnati, il sarcofago marmoreo di Berardo Maggi e il ciclo di tele del Moretto e del Romanino realizzato per la cappella del Santissimo Sacramento della basilica di San Pietro de Dom, qui trasferite dopo la sua demolizione.

Di grande importanza è anche la cripta, risalente al VI secolo ma restaurata nell’VIII secolo. La storia del Duomo vecchio ha inizio con la demolizione dell’ormai vecchia e inadeguata basilica di Santa Maria Maggiore de Dom, un edificio paleocristiano costruito forse nel VII secolo e approssimativamente coevo alla basilica di San Pietro de Dom, oggi sostituita dal Duomo nuovo. La basilica, di pianta longitudinale, senza transetto, coperta da un semplice tetto di capriate a vista e arricchita nell’VIII secolo dalla “Cripta di San Filastrio”, doveva inoltre essere uscita verosimilmente distrutta o molto danneggiata dall’incendio che devastò la città nel 1095. Studi compiuti negli ultimi anni del Novecento hanno concluso che il cantiere della nuova cattedrale dovette essere già avviato, più o meno largamente, prima del grande incendio e che quest’ultimo, pertanto, si limitò a confermare definitivamente la sorte della basilica paleocristiana. Nella prima metà del XII secolo la nuova cattedrale doveva essere compiuta, conservando di Santa Maria Maggiore solamente la cripta sottostante.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Il Duomo nuovo, o più correttamente cattedrale estiva di Santa Maria Assunta, è la chiesa principale di Brescia, chiesa madre della diocesi omonima. È situata in piazza Paolo VI, già piazza del Duomo. Fu eretta tra il 1604 e il 1825 sull’area in cui sorgeva la basilica paleocristiana di San Pietro de Dom, del V-VI secolo. La storia della cattedrale ha inizio nel 1603, quando Agostino Avanzo rileva l’antica basilica paleocristiana di San Pietro de Dom, per ottenere una visuale completa dell’area disponibile alla realizzazione di un nuovo edificio religioso. La vecchia basilica, ormai in condizioni pericolanti, doveva essere sostituita da una nuova cattedrale, più idonea alle nuove esigenze architettoniche dettate dalla Controriforma e più in linea con le architetture dell’epoca. Agostino Avanzo presenta un primo progetto del Duomo, un ibrido fra il manierismo e il classicismo: pianta a croce latina, con tre navate e transetto, altari laterali sporgenti e grande cupola centrale.

Quest’ultima, in particolare, si impose fin dalle primissime idee sul progetto e accompagnerà il cantiere nei secoli come una specie di grande aspirazione comune, voluta e, in fondo, sognata da tutti gli architetti che vi lavoreranno. Il Lantana presenta quindi un nuovo progetto con pianta a croce greca inscritta in un quadrato, grande cupola centrale contornata da quattro cupole minori e abside sporgente, abbastanza simile a quello presentato da Bramante per la basilica di San Pietro ma senza la navata esterna e solamente con l’abside di fondo, progetto che viene accolto dalla commissione.

Il Duomo Nuovo, non essendo il risultato di un’edificazione secolare, ma frutto di un unico cantiere, presenta una struttura complessivamente omogenea e coerente, nell’architettura e nelle decorazioni. Unico elemento che tradisce la lunga durata della fabbrica, protrattasi 230 anni circa, è il sottile connubio che si avverte all’interno, ma soprattutto in facciata, fra gusto barocco e stile neoclassico, il cui risultato è una specie di stemperato barocco classicheggiante, praticamente un edificio iniziato barocco e finito neoclassico.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Piazza del Foro è una delle piazze più antiche di Brescia, nata sul foro della città romana del I secolo d.C.. Fa parte del quartiere di Brescia Antica, nel cuore del centro storico, attraversata a nord da via dei Musei. È di forma rettangolare e vi si trova la maggior parte dei resti romani della città, divisi tra il Capitolium, la basilica civile e gli scavi archeologici di Palazzo Martinengo Cesaresco Novarino. Pur risalente alla prima età del ferro, come dimostrano alcuni studi archeologici sui reperti custoditi in palazzo Martinengo, la piazza ha avuto il suo massimo splendore in epoca romana. All’antico foro romano è stato attribuito da molti il ruolo di centro della vita civile e religiosa della Brixia romana, come dimostrano le presenze del tempio capitolino, posto nella parte settentrionale della piazza, che comprendeva due file di portici laterali di cui è rimasto qualche segno nella parte centrale della piazza, e della Basilica (o tribunale), di cui si conservano alcuni reperti nei palazzi circostanti.

Un’ulteriore dimostrazione della centralità che questa piazza ricopriva nella vita dell’antica Brixia Romana, è la presenza dell’antico Decumano Massimo, antica strada cittadina che permetteva i collegamenti con gli altri centri abitati della zona sull’asse Bergamo-Verona, quella che attualmente è Via Musei, che divideva la piazza da un altro edificio romano, anche se di epoca successiva, il teatro. Posta alle pendici del colle Cidneo, la piazza, che presenta una pendenza più che accentuata verso sud, è un esempio dell’unione di varie architetture che Brescia ha subito negli anni. Insieme agli edifici di epoca romana troviamo costruzioni post-rinascimentali e di epoche successive, mentre rimangono poche le testimonianze del periodo medievale, forse per il progressivo abbandono di questi luoghi da parte dei cittadini dell’epoca per prediligere le “nuove” zone delle attuali piazza Paolo VI e piazza della Vittoria.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]


Il Capitolium o Tempio Capitolino è un tempio romano situato a Brescia in Piazza del Foro, lungo via dei Musei, il nucleo dell’antica Brixia romana. Insieme al teatro, ai resti del foro cittadino e degli scavi archeologici di palazzo Martinengo costituisce il più importante complesso di rovine e resti di edifici pubblici d’età romana presenti nell’Italia settentrionale.

Nel 2011 il complesso monumentale è stato dichiarato dall’UNESCO, unitamente al complesso monastico del museo di Santa Giulia, patrimonio mondiale dell’umanità, facente parte del sito seriale Longobardi in Italia: i luoghi del potere (568 – 774 d.C.). La costruzione dell’edificio, così come del nuovo complesso monumentale del foro, è da attribuire a Vespasiano, nel 73 d.C.. La sua “paternità” è confermata infatti dalla scritta originale riportata sul frontone che così recita: “MP. CAESAR.VESPASIANUS.AUGUSTUS. / PONT. MAX. TR. POTEST. IIII. EMP. X. P. P. CAS. IIII / CENSOR”. Il tempio fu a sua volta realizzato sopra un precedente tempio repubblicano, in occasione della vittoria dell’allora imperatore, appunto Vespasiano, sul generale Vitellio, nella pianura tra Goito e Cremona. Brescia, infatti, aveva contribuito al buon esito dello scontro inviando un cospicuo numero di uomini, venendo così premiata dal futuro imperatore. Distrutto da un incendio durante le incursioni barbariche che afflissero l’Europa nel IV secolo d.C. e mai più ricostruito, venne in seguito sepolto da uno smottamento del colle Cidneo, durante il medioevo.

Il complesso monumentale fu riportato alla luce solamente nel 1823, grazie all’appoggio del comune, di privati e dell’Ateneo di Brescia, che demolendo le case popolari e il piccolo parco (il cosiddetto Giardino Luzzaghi), realizzati anni prima sul terreno ormai sopraelevato rispetto alla costruzione, riportando alla luce l’antico centro della Brescia romana. L’impianto del tempio è quello del classico capitolium romano a tre celle, cioè prostilo, con il colonnato solamente in zona anteriore e chiuso da un muro ai lati e posteriormente. In questo caso, comunque, l’impianto è leggermente più articolato, essendo presente un corpo centrale più sporgente affiancato su entrambi i lati da altri due porticati della medesima altezza. Dietro l’avancorpo della facciata esastila (ovvero con sei colonne sul fronte principale) in stile corinzio, si aprono tre celle separate da intercapedini, ognuna ospitante un altare dedicato a tre rispettive divinità, la cosiddetta triade capitolina: Minerva, Giove e Giunone. Pregevole e ben conservata è la soglia della cella centrale, la più ampia, realizzata in marmo di Botticino.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Il Museo di Santa Giulia è il principale museo di Brescia, situato in via dei Musei 81/b, lungo l’antico decumano massimo della Brixia romana. La zona sottostante al Museo è ricca di reperti archeologici di varie epoche, in maggioranza appartenenti all’epoca romana e ottimamente conservati, Unico in Italia e in Europa per concezione espositiva e per sede, il Museo della città, allestito in un complesso monastico di origine longobarda, consente un viaggio attraverso la storia, l’arte e la spiritualità di Brescia dall’età preistorica ad oggi in un’area espositiva di circa 14.000 metri quadrati.

Monastero femminile di regola benedettina, fatto erigere dall’ultimo re longobardo Desiderio e dalla moglie Ansa nel 753 d.C., San Salvatore – Santa Giulia ricoprì un ruolo di primo piano (religioso, politico ed economico) anche dopo la sconfitta inferta da Carlo Magno ai Longobardi. La tradizione, ripresa dal Manzoni nell’Adelchi, vuole che in Santa Giulia si consumasse la drammatica vicenda di Ermengarda, figlia di re Desiderio e sposa ripudiata dell’imperatore franco. Luogo di memorie storiche stratificate nel corso dei secoli e fonte continua di sorprendenti scoperte, il complesso monastico è un intreccio visibile di epoche. Edificato su un’area già occupata in età romana da importanti Domus, comprende la basilica longobarda di San Salvatore e la sua cripta, l’oratorio romanico di Santa Maria in Solario, il Coro delle Monache, la cinquecentesca chiesa di Santa Giulia e i chiostri. Un’area destinata, dunque, quasi per vocazione, ad accogliere il Museo della città, che a buon diritto si propone ormai come il fulcro dell’itinerario di visita a Brescia.

L’elemento che caratterizza e rende così particolare il museo è lo strettissimo legame tra “contenitore” ed oggetti esposti. Attualmente lo “scrigno” di Santa Giulia consta di circa 11.000 pezzi: reperti celtici come elmi e falere, ritratti e bronzi romani, testimonianze longobarde, corredi funerari, mosaici e affreschi. Nel museo sono conservati migliaia di oggetti e opere d’arte spazianti dall’età del Bronzo all’Ottocento provenienti soprattutto dal contesto cittadino e dalla provincia di Brescia, che ne fanno un vero e proprio museo cittadino, le cui tematiche di approfondimento vertono principalmente sulla storia della città di Brescia e del suo territorio. Tra le numerose opere d’arte si ricordano soprattutto la Vittoria Alata, la Croce di Desiderio, la Lipsanoteca e il settore “Collezionismo e arti applicate”, dove sono custodite tutte le collezioni private donate al museo tra il Settecento e L’Ottocento.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

I primi insediamenti sul Cidneo risalgono all’età del bronzo, IX secolo a.C., ma la prima vera costruzione fu un piccolo tempio dedicato al dio celtico Bergimus. Il vero riorganizzamento del colle è da attribuire ai romani che alla fine del I secolo a.C. ne inserirono il perimetro all’interno delle mura cittadine. Sempre per opera dei Romani, nel I secolo d.C. fu eretto un tempio monumentale che doveva corrispondere quasi perfettamente alle dimensioni del mastio visconteo: ancora oggi si possono osservare le antiche murature di sostegno e le fondazioni della scalinata entro quest’area.

Con il passare dei secoli e con l’avvento del cristianesimo, l’area del Cidneo assunse sempre più il ruolo di area sacra. Per chiunque giunga a Brescia, da qualsiasi direzione, è l’imponente massa pietrosa del Castello a segnare il profilo panoramico della città. Il complesso di fortificazioni, occupando un’area di circa 300×250 metri, è uno dei più grandi d’Italia, e ricopre completamente il colle Cidneo. Non avendo mai avuto specifica funzione come castello feudale, né tanto meno residenza signorile, si nota subito come la rocca, ben inserita nel contesto cittadino, sia più ricca di edifici di culto e di carattere militare piuttosto che di strutture residenziali e direzionali nel senso stretto del termine.

Al castello si accede tramite un imponente portale monumentale cinquecentesco, attribuito a Giulio Savorgnan e realizzato su ispirazione delle forme di architettura militare di Michele Sanmicheli, ornato da un grande Leone di San Marco e dagli stemmi dei rettori veneti. Ai lati si possono ammirare i bastioni di San Faustino (a sinistra) e di San Marco (a destra). Sul vasto piazzale sopra il bastione di San Faustino è posta una caratteristica locomotiva a vapore, uno dei simboli del Castello, che all’inizio del Novecento svolgeva il tragitto Brescia-Edolo.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Piazza della Loggia, o più semplicemente nota come Piazza Loggia, è una delle principali piazze di Brescia. La sua forma è rettangolare, delimitata da una serie di edifici di epoca veneziana, tra cui spicca la Loggia, sede della giunta comunale di Brescia. venne progettata in piena epoca rinascimentale, e verso la fine del XV secolo si cominciò la costruzione vera e propria, la piazza divenne subito il cuore pulsante della città sia per la sua posizione, sia per la presenza della Loggia, iniziata nel 1489 sotto la direzione di Filippo Grassi e ultimata nel 1574, che diventerà sede della vita amministrativa cittadina negli anni.

Tutto intorno alla piazza si trovano edifici cinquecenteschi in chiaro stile veneziano, abbastanza modesti nello stile, ma di forte impatto visivo, mentre di fronte alla Loggia, nel lato orientale, troviamo i portici anch’essi in stile rinascimentale sormontati dalla “torretta dell’Orologio”, denominata così per la presenza di un antico orologio del 1546. Di particolare significato artistico, l’orologio presenta ai 4 angoli altrettanti angioletti in rame dorato a rappresentazione dei venti; e 2 statue maschili in bronzo chiamati in dialetto bresciano “i macc de le ure”, che scandiscono le ore diurne battendo il martello sulla campana posta in cima all’orologio.

La piazza ospita tre delle quattro “statue parlanti” di Brescia, un gruppo di sculture di varia epoca su cui i bresciani erano soliti in passato affiggere messaggi anonimi, contenenti critiche contro i governanti. In particolare, sotto il porticato del Palazzo della Loggia è collocata la Lodoiga, scultura risalente alla seconda metà del Cinquecento.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Il Museo diocesano di Brescia, è il museo del patrimonio artistico della diocesi di Brescia, situato nel chiostro grande del monastero di San Giuseppe, in via Gasparo da Salò. Il museo, fondato dal vescovo Luigi Morstabilini nel 1978, raccoglie numerose opere d’arte provenienti da tutto il territorio della diocesi, esteso alla provincia di Brescia, spazianti tra dipinti, sculture, oggetti di oreficeria e tessuti liturgici. Il museo è inoltre sede regolare di esposizioni d’arte sacra legate al contesto bresciano. L’idea di costituire un museo diocesano a Brescia risale agli anni 1970. Dell’iniziativa si fece carico monsignor Angelo Pietrobelli, il quale individuò nel chiostro maggiore di San Giuseppe una sede prestigiosa ed adeguata.

Lungo e complesso è stato il processo di acquisizione della proprietà da parte della Diocesi di Brescia, risolto con un’apposita legge parlamentare. Nel 1978, il vescovo di Brescia Luigi Morstabilini istituì canonicamente la “Fondazione di religione” denominata “Museo Diocesano di Arte Sacra”, inaugurato il 23 dicembre. Il 21 aprile 1988, il vescovo di Brescia Bruno Foresti sostituì il precedente statuto con uno nuovo, in cui si stabilisce che, oltre al recupero e alla conservazione di opere d’arte e di materiali della Diocesi minacciati di rovina e di dispersione, sono finalità del museo anche attività di restauro, iniziative culturali e animazioni didattiche. Sempre grazie al vescovo Foresti, il chiostro maggiore di San Giuseppe venne totalmente restaurato. Lo statuto, riveduto dal vescovo Giulio Sanguineti è stato alla base del riconoscimento civile della fondazione canonica.

Dal febbraio 2010 il Museo Diocesano di Brescia è Fondazione Canonica riconosciuta dallo Stato Italiano come Fondazione di Religione e di Culto.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Il primitivo nucleo della chiesa, più corto rispetto all’edificio attuale, fu edificato durante la dominazione viscontea sulla città dopo la metà del Trecento, per volere dei frati Carmelitani dell’Antica Osservanza, da poco insediati nel convento attiguo (fondato nel 1348). Dal 1429 prende forma l’edificio attuale: a Brescia è l’epoca della dominazione veneta (è del 1427 la Battaglia di Maclodio, che sancì definitivamente il passaggio di Brescia alla Repubblica di Venezia). Nella seconda metà del Quattrocento si hanno ulteriori modifiche, questa volta più profonde: fra il 1475 e il 1478 la chiesa viene allungata di circa quindici metri verso sud attraverso la demolizione dell’originaria facciata, che viene interamente ricostruita, comunque non distanziandosi dallo stile che già caratterizzava la struttura precedente (si ha ancora l’utilizzo di pinnacoli).

Nel corso del Cinquecento vengono aggiunti i rimanenti chiostri del convento, risolti con soluzioni architettoniche ispirate alle idee che Giulio Romano aveva messo in pratica a Mantova, dove avevano sede i Carmelitani che finirono per esportarne il linguaggio. Nel 1596 le monofore dell’abside vengono chiuse per consentire l’installazione della pala dell’altare maggiore, tutt’oggi presente, una Annunciazione del fiammingo Pieter de Witte, importante figura nel panorama artistico italiano e tedesco dell’epoca.

L’aspetto interno fu definito nel corso dei pesanti rimaneggiamenti del 1620-21, durante i quali furono occultate le decorazioni quattrocentesche (parzialmente conservatesi nei sottotetti) per far posto alle fantasiose prospettive architettoniche di Tommaso Sandrino e Camillo Rama. La facciata della chiesa risulta raffigurata dal pittore veneziano Francesco Hayez nel suo quadro del 1834 Ventura Fenaroli arrestato nella Chiesa del Carmine di Brescia da’ Francesi, dedicato al celebre capitano di ventura del 500 che durante le rivolte antifrancesi in favore di venezia venne arrestato davanti ad essa.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Costruita a partire dalla prima metà del Cinquecento e notevolmente arricchita nel Seicento, custodisce varie opere di autori locali e tre tele del Moretto, due delle quali sono però oggi alla Pinacoteca Tosio Martinengo. Principale caratteristica della chiesa sono gli affreschi, gli stucchi e le dorature, eseguiti con notevole cura e grandissima varietà di repertorio decorativo, che rivestono ogni superficie dell’interno dell’edificio, rendendolo il più spettacolare esempio di arte barocca in città. Alla chiesa è annesso l’omonimo santuario di Santa Maria delle Grazie, pregevole opera neogotica ottocentesca. a primitiva chiesa viene costruita dai Gerolamini, presenti a Brescia dalla metà del Quattrocento, in un luogo molto lontano da qui, oggi corrispondente all’estremità nord di via Oberdan, molto a nord della città murata].

Nel 1517, dopo la triste esperienza del sacco operato nel 1512 dai soldati di Gaston de Foix-Nemours, la Repubblica di Venezia, ripreso il controllo della città, ordina da cosiddetta “spianata”, ovvero la distruzione di qualsiasi edificio attorno alle mura nel raggio di circa un chilometro e mezzo. Tramite bolla di Papa Leone X, nel 1519 i frati ottengono infine anche il diritto di sostituire l’antico nome del complesso religioso con quello di Santa Maria delle Grazie. Le minime dimensioni del luogo di culto, però, non dovettero soddisfare i nuovi abitanti del monastero e, di conseguenza, nel 1522 avviano il cantiere di una nuova chiesa, su progetto di frate Ludovico Barcella, immediatamente a lato dell’antico edificio, che sarà poi consacrata nel 1539.

Questo nuovo luogo di culto diventa la principale chiesa di Santa Maria delle Grazie, mentre l’ex chiesa di Santa Maria di Palazzolo resta un santuario annesso. Nel 1668 la soppressione dell’ordine dei Gerolamini, decretata da Papa Clemente IX, porta all’insediamento dei Padri Gesuiti, che acquisiscono la chiesa con i chiostri annessi, istituendovi una scuola rinomata. Il monastero viene poi soppresso nel 1797 ma la chiesa rimane aperta e officiata ed è ancora oggi attiva. Il 17 marzo 1963 la chiesa viene elevata al rango di Basilica minore con decreto di papa Giovanni XXIII, da lui visitato più volte quando era Nunzio Apostolico e Patriarca di Venezia.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Palazzo Martinengo di Padernello Salvadego, già Molin, o anche conosciuto come “Palazzo della Fabbrica”, è un edificio storico di Brescia sito in via Dante. Edificato e ricostruito in diversi momenti, è considerata la dimora signorile più sfarzosa e monumentale della città, benché i bombardamenti alleati del 1945, durante la seconda guerra mondiale, ne abbiano danneggiato irrimediabilmente alcune parti. Il palazzo è frutto di una fabbrica che potrebbe definirsi quasi un “retaggio di famiglia”, dunque un palazzo la cui costruzione fu tramandata di generazione in generazione; tanto più che il ramo familiare dei Martinengo che si occupò della sua erezione, appunto i Martinengo di Padernello, è anche conosciuto come quello dei Martinengo della Fabbrica.

Si ricorda la commissione da parte del conte Girolamo fatta al Moretto, oltre che ad una sua cerchia di aiutanti, per la realizzazione di un ciclo di affreschi nella sala che verrà poi definita “delle dame”, stanza unica al mondo per quanto riguarda soggetti rappresentati e contesto, è lo stesso Contarini infatti a offrirne una descrizione in una lettera al suocero, in cui afferma come nella stessa sala “vi sono retratte dal naturale 6 gentildonne bresciane belle”. Nella stanza sono infatti visibili otto donne, con tutta probabilità parenti degli sposi, raffigurate mentre siedono su una balaustra, anch’essa dipinta e coperta di tappeti con fantasie orientaleggianti; alle loro spalle si apre invece un paesaggio di campagna con, in secondo piano, svariati edifici. La collaborazione artistica per i dipinti di questa sala con Giovan Battista Moroni, ipotizzata da alcuni esperti, è stata in seguito smentita.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Il Palazzo Martinengo di Villagana è un edificio storico situato a Brescia, in corso Martiri della Libertà. Utilizzato inizialmente come dimora signorile dalla famiglia Martinengo, dalla prima metà del XX secolo è stata invece rimodulato in sede bancaria da Banca San Paolo di Brescia. L’edificio attuale è il risultato di una serie di rinnovamenti architettonici di preesistenti edifici, probabilmente già di proprietà della famiglia Martinengo, promossi soprattutto a ridosso della prima metà del XVIII secolo.

È infatti da far risalire al 1735 il primo importante intervento di ammodernamento del palazzo, ispirato ai modelli veneziani di Baldassare Longhena e commissionato dal conte Giovanni Giuseppe Martinengo di Villagana all’architetto Antonio Marchetti, anche se l’attribuzione dei lavori costituisce ancora argomento di discussione; fu anche commissionata allo scultore Antonio Calegari la realizzazione di diverse statue allegoriche da collocare poi a ridosso dello scalone d’onore; dunque l’ala occidentale del palazzo fu completata nel 1749 circa, mentre quella meridionale nel 1756 e, poco tempo dopo al completamento quest’ultima, fu realizzata anche quella orientale.

[CLICCA PER RAGGIUNGERLO]

Per maggiori informazioni potete consultare il sito: https://it.wikipedia.org/

Fuori-Fiera, business by day, pleasure by night!

TORNA AI TOUR