Tour Parma a Cibus

Tour Parma a Cibus

Il cuore di Parma, Piazza Duomo, si trova a soli 15 minuti dalla fiera di Parma che ospita la rinomata rassegna Cibus. La bellissima Città offre innumerevoli luoghi in cui immergersi in un suggestivo centro storico che racconta la storia e la cultura d’Italia.

Fuori-Fiera vi invita a visitare questi angoli di storia, suggerendo un percorso itinerante, sia durante il giorno e sia nelle ore serali, soffermandosi ad ammirarli e degustando gli ottimi vini e prodotti tipici tra le osterie e ristoranti locali tra una tappa e l’altra.

Se preferisci essere accompagnato da una guida turistica e/o da un sommelier contattaci pure a questo indirizzo: office@fuori-fiera.com 

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La monumentale fontana fu realizzata tra il 1712 e il 1719 per il giardino della Reggia di Colorno per volere del duca Francesco Farnese, che incaricò del progetto l’architetto e scultore Giuliano Mozzani; quest’ultimo, coadiuvato dall’ingegnere idraulico francese Jean Baillieul, si ispirò alla fontana del Grande Trianon di Versailles, realizzata da Jules Hardouin-Mansart nel 1703.

In seguito ai parziali danneggiamenti subiti nel 1882 da parte dei pazienti dell’ospedale psichiatrico, la fontana fu smantellata e dieci statue furono alienate.

Rimasta per alcuni anni in magazzino, fu ricomposta nel 1889 dallo scultore Giovanni Chierici ed inizialmente collocata a Parma di fronte al Teatro Reinach.

Nel 1920, in occasione del riordino generale del Parco Ducale da parte dello scenografo Giuseppe Carmignani, la fontana fu spostata sull’isolotto al centro della peschiera. Nel 1996 fu interamente restaurata su finanziamento della Fondazione Cariparma.

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Il palazzo del Giardino, chiamato anche Palazzo Ducale del Giardino, è un palazzo storico che si trova a Parma, all’interno del Parco Ducale. Attualmente ospita il Comando Provinciale dei carabinieri di Parma e una delle sedi del RIS (Reparto investigazioni scientifiche dell’Arma dei carabinieri).

È prevista la sua destinazione a sede di rappresentanza dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Questo palazzo non va confuso con la residenza ufficiale della duchessa Maria Luigia, che si trovava nell’attuale piazzale della Pace, tra la Pilotta e il Palazzo della Provincia.

Il vecchio Palazzo Ducale venne distrutto il 13 maggio 1944, assieme a parti della Pilotta e al teatro Reinach, da un bombardamento aereo della seconda guerra mondiale. L’opera di ricostruzione trovò notevoli intralci di ordine burocratico, fino a quando nel 1953 il palazzo del Giardino diventò sede del Comando della Legione dei Carabinieri di Parma.

I lavori di ricostruzione dell’ala sud-ovest del palazzo, completamente distrutta, iniziarono solo nel 1959 e terminarono nel 1968. Dal 2004 il palazzo è stato oggetto di una serie di interventi di restauro e valorizzazione. Al piano terra si trovano opere di Cesare Baglioni, dipinte nei primi anni del Seicento.

Un monumentale scalone settecentesco porta a un grande salone al primo piano, detto Sala degli Uccelli per il soffitto ornato con decorazioni a stucco e a fresco di Benigno Bossi, rappresentanti 224 specie di uccelli.

Da questo salone si accede ad alcune stanze che conservano opere d’arte realizzate nel periodo dei Farnese: Sala di Alcina, Sala dell’Aetas Felicior, Sala d’Orfeo, Sala di Erminia, Sala dell’Amore e Sala delle leggende.

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Il Palazzetto Sanvitale è un prezioso gioiello dell’architettura tardo-quattrocentesca. Venne fatto costruire dai frati umiliati del monastero di San Michele in Bosco.

Entrato in possesso di Scipione Dalla Rosa, nel 1526 venne acquistato da Gian Galeazzo Sanvitale, conte di Fontanellato, che nel 1547 lo trasmise al figlio Eucherio. Eletto vescovo di Viviers successivamente si trasferì in Francia.

Il 19 marzo del 1561 Eucherio Sanvitale cedette il casino, Originariamente distinto dal Parco ducale, e il terreno circostante, al duca Ottavio Farnese per 2000 scudi d’oro.

Nella seconda metà del settecento diventò l’abitazione del giardiniere Nicolas Oranger, insignito della qualifica di Governatore del giardino. In alcune mappe di questo periodo il palazzetto compare con la dicitura “Maison du Jardinier”.

Nel 1840 la duchessa Maria Luigia fece aggiungere alcune stanze fra le torrette a sud creando un vero e proprio primo piano.

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L’originario ponte costruito nel 187 a.C. dagli antichi romani lungo la via Emilia per oltrepassare il torrente Parma aveva fondazioni in pietra e struttura lignea.

Il primo ponte realizzato in muratura fu invece innalzato in età Augustea, ma fu semidistrutto da successive inondazioni, che indussero Teodorico a farlo ricostruire interamente in pietra nel 493, mantenendo solo le fondazioni delle undici arcate originarie.

In seguito all’inondazione del 1177 il torrente spostò il suo letto più ad ovest, lasciando il ponte in area asciutta. Si rese quindi necessaria la costruzione di un nuovo ponte, mentre l’ampia zona rimasta in secca fu inglobata nella città, attraverso l’edificazione di nuove case.

Alcuni degli edifici furono addirittura costruiti sopra alle arcate del ponte, ostruendo in parte il tracciato della via Emilia; essi furono abbattuti nel 1547 per volere del duca Pier Luigi Farnese.

Nel 1966, durante i lavori di risezionamento di strada Mazzini (tratto urbano della via Emilia), due delle undici arcate riapparvero, inducendo l’amministrazione a realizzare un sottopassaggio pedonale con negozi e altre attività commerciali, collegato direttamente con l’adiacente piazza Ghiaia.

Nel tempo, però, il sottopasso divenne luogo poco raccomandabile, costringendo alla chiusura di tutte le attività ivi presenti e infine dello stesso passaggio.Durante i lavori di riqualificazione di piazza Ghiaia conclusi nel 2012, la grande scalinata di collegamento con strada Mazzini fu parzialmente demolita, per aprire un varco verso il ponte, riaperto così alla vista della città.

Nel 2014 fu avviato un complesso intervento di consolidamento strutturale del sottopasso, minacciato da infiltrazioni di acqua, in vista di un più grande intervento di riqualificazione denominato “Aemilia 187 a.c.”. I lavori, che comportarono l’abbassamento di borgo Romagnosi con lo scopo di collegare piazza Ghiaia direttamente con le gallerie commerciali di strada Mazzini e l’apertura all’interno del sottopasso di un hub universitario, furono conclusi nell’ottobre del 2018.

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Il Palazzo della Pilotta, chiamato anche semplicemente la Pilotta, è un vasto complesso di edifici che si trova nel centro storico di Parma, situato tra piazzale della Pace e il Lungoparma. Il nome deriva dal gioco della pelota basca, praticato dai soldati spagnoli nel cortile del Guazzatoio, originariamente detto appunto della pelota.

Attualmente è sede del Museo archeologico nazionale, della Galleria nazionale, della Biblioteca Palatina e del Museo Bodoniano. Nel 2016 il complesso ha fatto registrare 89.478 visitatori.

Il complesso è di proprietà del Ministero per i beni e le attività culturali, che dal 2016 lo ha annoverato tra gli istituti museali dotati di autonomia speciale.

Costruito attorno al 1580, durante gli ultimi anni del ducato di Ottavio Farnese, l’edificio si sviluppa attorno al Corridore, un lungo braccio rettilineo su pilastri, che univa la “Rocchetta Viscontea” (di cui si vedono alcune tracce sul Lungoparma), al Palazzo Ducale, allora solo un insieme di case abitate provvisoriamente dalla corte, che si trovava nell’attuale vuoto di piazzale della Pace.

Il palazzo ducale fu parzialmente distrutto, assieme al teatro Reinach e a parti della Pilotta, da un bombardamento aereo del maggio 1944 e poi demolito nel dopoguerra. Unico artista documentato nei lavori è il toscano Giovanni Boscoli, ma è tuttavia probabile che il progetto sia dell’architetto militare Francesco Paciotto, molto amico del duca, che lo richiamò a Parma proprio nel 1580.

Il cantiere, che venne affidato a Simone Moschino, fu voluto e ideato da Ranuccio I Farnese nel 1602 ma si bloccò nel 1611, lasciandolo in quello stato di incompletezza in cui si trova tuttora.

La facciata che doveva sorgere prospiciente l’attuale Piazza Ghiaia non fu mai costruita e la chiesa di San Pietro Martire, appartenente ai domenicani che si trovava incuneata nel primo dei cortili, non fu mai abbattuta se non in tempi recenti.

L’insieme di edifici si sviluppa così in tre cortili, chiamati rispettivamente di San Pietro Martire (oggi meglio noto come cortile della Pilotta), del Guazzatoio (originariamente detto “della pelota”) e quello detto della Rocchetta.

Nella Pilotta dovevano così trovar posto un gigantesco Salone (presto trasformato nel Teatro Farnese), una grande scuderia, le abitazioni degli stallieri, il maneggio, la stalla dei muli, la rimessa per le carrozze, il guardaroba, la Sala dell’Accademia e una serie di gallerie a delimitare i grandi cortili. Questo insieme di edifici doveva contenere tutti i servizi affiancati dalla vera residenza, cioè il Palazzo Ducale.

Con la fine della famiglia Farnese termina anche lo sfarzo di questo edificio grandioso, e solo con Filippo I di Borbone si ha una parziale rinascita dell’edificio, che continuerà fino ai nostri giorni.

Nella seconda metà dell’Ottocento sull’area della precedente chiesa di San Pietro Martire venne costruito il Teatro Reinach, inaugurato nel 1871. Nel 1939 cambiò nome in Teatro Paganini e venne quasi completamente distrutto, assieme a parti del palazzo della Pilotta, da un bombardamento aereo del maggio 1944, e poi demolito. Anche il vecchio Palazzo Ducale venne gravemente danneggiato e poi demolito.

Fra il 1986 ed il 2001, dopo una lunga e dibattuta fase progettuale, venne portata a termine la riqualificazione del Piazzale della Pace su progetto dell’architetto svizzero Mario Botta, inserendo l’ampio giardino e la fontana che ricalca il perimetro della ex chiesa di san Pietro.

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l Teatro Regio di Parma (già “Nuovo Ducale Teatro”) è il teatro d’opera della città di Parma e considerato uno tra i più importanti teatri di tradizione in Italia. Sebbene internazionalmente sia meno noto rispetto alla Scala di Milano e alla Fenice di Venezia, è considerato dagli appassionati d’opera una delle case per eccellenza della grande tradizione operistica italiana.

La duchessa Maria Luisa (del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla), prendendo atto che il vecchio Teatro Ducale fondato nel 1689 era inadeguato alle esigenze della città, sollecitò la costruzione di un nuovo edificio più moderno.

Sul terreno già appartenuto al monastero di Sant’Alessandro e su progetto dell’architetto di corte Nicola Bettoli, si cominciarono perciò nel 1821 i lavori per la costruzione del Nuovo Ducale Teatro, da 1.800 posti, che alla fine costeranno alle casse ducali 1.190.664 lire e si concluderanno dopo otto anni, nel 1829. Fu inaugurato con scarso successo il 16 maggio 1829, in presenza della Duchessa, con l’opera Zaira, appositamente composta da Vincenzo Bellini. Nel 1853 vennero attuate da Carlo III di Parma delle opere di rifacimento, affidate a Girolamo Magnani.

Nello stesso periodo, con la presentazione del rinnovamento del teatro, venne inaugurato il lampadario che è tuttora in uso ed insieme ad esso anche il sistema di illuminazione a gas che sostituì il sistema con candele e lampade ad olio (l’elettricità arrivò solo nel 1890).

Nell’Ottocento la sala grande del teatro presentava delle sostanziali differenze rispetto alla struttura attuale: il palcoscenico si spingeva per qualche metro all’interno della sala nel luogo che è indicato come ‘proscenio’ che oggi è riservato all’orchestra, che a quel tempo occupava la zona designata per le prime file della platea.

Nel 1847, con la morte di Maria Luigia e con il passaggio sotto il ducato dei Borbone, il teatro cambia nome, nel 1849 Teatro Reale e poi dal 1860 Teatro Regio.

Fin dal Seicento i teatri erano stati per le città italiane motivo di onore e prestigio, oltre che strumenti culturali per il bene della società, ma dalla seconda metà dell’Ottocento vennero considerati un lusso non accettabile economicamente dalla comunità, perciò nel 1868 il Teatro Regio, fino ad allora proprietà dello Stato Nazionale (dal 1860), fu ceduto al Comune di Parma.

Insieme ad esso vennero temporaneamente chiusi altri teatri molto importanti tra i quali la Scala di Milano (nelle stagioni dal 1892 al 1894), infatti era molto difficoltoso per i comuni il sostenimento di spese che neppure lo Stato era stato in grado di mantenere.

Ma i cittadini parmigiani riuscirono grazie ad un referendum a far riaprire il Teatro Regio per la stagione del 1894-1895.

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La datazione dell’opera conclusa è piuttosto complessa e solo recentemente è stata suffragata da alcuni documenti. Nel 1216 l’alzato giungeva solo al secondo ordine delle logge, dove era stata collocata una copertura piana provvisoria.

Il prezioso marmo rosso di Verona cessò di arrivare a Parma per i contrasti politici con il ghibellino Ezzelino da Romano, signore di Verona, e solo nel 1249 fu possibile rimettere mano alla costruzione dei registri superiori del battistero.

La conclusione avvenne entro il 1270, quando l’edificio venne solennemente consacrato. Pare che comunque il progetto dell’Antelami venne seguito fino alla conclusione. L’esterno, costruito in marmo rosa di Verona, è ottagonale. L’ottagono è simbolo di eternità.

Senza precedenti è lo sviluppo in altezza, come se si trattasse di una torre tronca. La superficie esterna è decorata da un complesso schema, con pieni e vuoti che ritmano effetti chiaroscurali. Al pian terreno su tre facciate si aprono portali strombati con archi a tutto sesto, mentre sugli altri lati si trovano degli archi ciechi, grandi quanto un portale, con al centro delle colonnine, in una collocazione insolita.

I portali sono decorati da vari rilievi, tra i quali spiccano le lunette probabilmente di mano dell’Antelami stesso. Al livello inferiore del paramento marmoreo troviamo lo Zooforo, una serie di settantacinque formelle scolpite a bassorilievo dall’Antelami e dalla sua bottega ed incastonate a mo’ di fregio pressoché continuo.

Quattro registri superiori sono decorati da loggette architravate, interrotte in corrispondenza dei contrafforti sugli angoli. L’ultima fascia è decorata da archetti ciechi di dimensione sfasata rispetto alle loggette sottostanti Gli elementi che lo compongono sono tutti ancora romanici, ma la loro disposizione è completamente originale: sviluppo verticale, senso del ritmo, elaborate proporzioni, sono infatti tutte caratteristiche tipicamente “gotiche” del battistero.

Nelle lunette dei portali ricorrono nessi significativi con l’impaginazione delle corrispettive composizioni delle chiese gotiche francesi: le cattedrali di Chartres, Bourges, Nantes e la Cattedrale di Notre-Dame a Parigi. L’interno è costituito da sedici arcate che compongono delle nicchie, ciascuna delle quali contiene una scena dipinta.

Tutti questi affreschi e dipinti risalgono al XIII e XIV secolo. I sedici lati della conformazione interna, che duplicano l’ottagono esterno (simbolo di eternità), evocano la cerchia dei dodici apostoli abbinata al quattro che è il numero dei punti cardinali, degli evangelisti e delle stagioni.

Con il passare del tempo i dipinti hanno subìto un progressivo degrado in quanto non erano stati eseguiti con una vera tecnica “a fresco”; di conseguenza, cominciarono presto a staccarsi e a cadere dalla loro sede. Recentemente il battistero è stato restaurato e consolidato, anche con il ricorso a siringature ed infiltrazioni.

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L’Antica Spezieria di San Giovanni è un’ex farmacia storica, oggi adibita a museo, che ha sede in borgo Pipa 1/a a Parma, all’interno dell’abbazia di San Giovanni Evangelista. Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali la gestisce tramite il Polo museale dell’Emilia-Romagna, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei.

L’abbazia di San Giovanni fu fondata nel 980 sul luogo di un precedente oratorio intitolato a san Colombano. Al suo interno i monaci benedettini crearono, forse in origine a loro uso esclusivo, una spezieria, della cui esistenza certa si hanno notizie solo a partire dal 1201, benché sia probabile una sua fondazione più antica. Verso la fine del XV secolo la farmacia fu riorganizzata dai frati, che la dotarono anche di un nuovo arredo, in parte ancora esistente.

Tuttavia, nel 1766 le leggi promulgate dal primo ministro ducale Guillaume du Tillot costrinsero i monaci a laicizzare la spezieria, che ristrutturarono secondo l’attuale disposizione; murarono la porta di comunicazione con il convento, lasciando solo una piccola finestra per il passaggio dei farmaci destinati ai frati, e aprirono un nuovo ingresso per il pubblico verso l’esterno, sul lato occidentale del monastero; assegnarono ad uno speziale esterno la gestione dei locali, che fu tramandata all’interno della famiglia Gardoni fino al 1881.

Nel 1896 gli ambienti furono acquistati dal Demanio, che li mantenne chiusi fino al 1951, quando ne decise la riapertura quale museo, con l’esposizione delle antiche collezioni di oggetti destinati all’attività speziale, tra cui 250 vasi e attrezzi in vetro, alcuni mortai e numerosi volumi di botanica.

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Il battistero fu commissionato a Benedetto Antelami, che ne iniziò la decorazione nel 1196, come attesta un’iscrizione in esametri leonini sull’architrave del portale nord: Bis binis demptis de Mille Ducentis/incepit dictus opus hoc Benedictus (Tolti due volte due anni da Milleduecento, cominciò quest’opera (l’uomo) detto Benedetto).

Costruita nel 980 dal vescovo Sigefredo II su un precedente oratorio intitolato a San Colombano, l’abbazia viene affidata al primo abate Giovanni, canonico del Capitolo della Cattedrale di Parma. Nel 1477 l’intero complesso venne danneggiato da un incendio.

La basilica abbaziale venne ricostruita a partire dal 1490 circa, con un progetto definitivo nel 1510 a opera di Bernardino Zaccagni. I lavori dovettero concludersi verso il 1519.

Fin dai progetti originari l’abate Girolamo Spinola aveva previsto di scandire gli spazi architettonici con un’ampia decorazione pittorica, assicurandosi precocemente il giovane Correggio, che solo pochi anni prima aveva dato un ottimo saggio della sua arte in città in un altro monastero benedettino, quello di San Paolo, in cui aveva decorato per la badessa Giovanna Piacenza la celebrata Camera della Badessa.

In San Giovanni Correggio eseguì cinque imprese ad affresco. La prima è in genere considerata la lunetta con il San Giovanni e l’aquila (1520 circa, alla cui data di realizzazione aveva già forse in mente tutto il complesso decorativo), seguita dalla cupola in cui si trovano l’Ascensione di Cristo corredata dalla decorazione del tamburo e dei quattro pennacchi.

La terza impresa riguardava la decorazione della volta e il catino dell’abside della Cappella Maggiore, opera parzialmente distrutta nel 1586 con il prolungamento del coro, della quale resta oggi il grosso frammento centrale dell’Incoronazione della Vergine alla Galleria nazionale di Parma. La quarta riguardò le pareti del coro, completamente distrutte con l’ampliamento.

La quinta il fregio pittorico che corre lungo tutto il perimetro interno, ancora in situ. Disegni preparatori si mostrano come anche parti lasciate ai collaboratori vennero progettate da Correggio, come le candelabre che corrono a lati del costoloni della volta sul presbiterio e le figure di putti sulle vele. In particolare nei fregi, di gusto antichizzante, Correggio dimostrò l’aggiornamento rispetto ai più recenti cantieri romani, ben prima che Giulio Romano diffondesse tali stilemi da Mantova (dal 1524), confermando apparentemente l’ipotesi di un viaggio a Roma del Correggio in quegli anni.

Infine a San Giovanni Correggio lasciò verso il 1524 due tele nella Cappella del Bono, oggi alla Galleria nazionale di Parma: il Compianto sul Cristo morto e il Martirio di quattro santi.

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Il palazzo fu originariamente edificato sul lato nord della piazza Nuova (attuale piazza Garibaldi) tra il 1283 e il 1285, quale “Palazzo dei Mercanti”, in seguito all’abbattimento delle preesistenti abitazioni.

In stile tardo romanico, era costituito da due distinti corpi di fabbrica, separati al centro dallo stretto borgo di san Marco, oggi non più esistente. Interamente rivestito in laterizio, si innalzava su un portico al piano terreno ed era caratterizzato al primo piano da due ordini di bifore e trifore; la facciata era coronata da una merlatura in sommità.

Perse le originarie funzioni mercantili, l’edificio divenne presto sede del Capitano della città e, successivamente, del Governatore, dell’Uditore civile e di altri magistrati comunali; mantenne tuttavia inalterata la struttura architettonica per secoli.

In seguito al crollo dell’altissima Torre civica il 27 gennaio 1606, che causò anche la distruzione del palazzo del Comune, sorse la necessità di ristrutturare il palazzo del Governatore, che venne inizialmente unificato chiudendo il borgo di san Marco con un voltone; su quest’ultimo nel 1673 fu innalzata, su progetto dell’ingegnere piacentino Gian Battista Barattieri, una torre, che assunse le antiche funzioni della distrutta torre civica, di cui mantenne l’antica campana detta “di terza”, risalente al 1453, conservatasi intatta nei secoli fino alla sostituzione con un copia nel 1998.

Il palazzo del Governatore è un edificio dalle forme barocche e neoclassiche, situato sull’intero lato nord della centralissima piazza Garibaldi a Parma.

Il palazzo fu originariamente edificato sul lato nord della piazza Nuova (attuale piazza Garibaldi) tra il 1283 e il 1285, quale “Palazzo dei Mercanti”, in seguito all’abbattimento delle preesistenti abitazioni. In stile tardo romanico, era costituito da due distinti corpi di fabbrica, separati al centro dallo stretto borgo di san Marco, oggi non più esistente.

Interamente rivestito in laterizio, si innalzava su un portico al piano terreno ed era caratterizzato al primo piano da due ordini di bifore e trifore; la facciata era coronata da una merlatura in sommità. Perse le originarie funzioni mercantili, l’edificio divenne presto sede del Capitano della città e, successivamente, del Governatore, dell’Uditore civile e di altri magistrati comunali; mantenne tuttavia inalterata la struttura architettonica per secoli.

In seguito al crollo dell’altissima Torre civica il 27 gennaio 1606, che causò anche la distruzione del palazzo del Comune, sorse la necessità di ristrutturare il palazzo del Governatore, che venne inizialmente unificato chiudendo il borgo di san Marco con un voltone; su quest’ultimo nel 1673 fu innalzata, su progetto dell’ingegnere piacentino Gian Battista Barattieri, una torre, che assunse le antiche funzioni della distrutta torre civica, di cui mantenne l’antica campana detta “di terza”, risalente al 1453, conservatasi intatta nei secoli fino alla sostituzione con un copia nel 1998.

Nel 1760 l’architetto di Corte Ennemond Alexandre Petitot fu incaricato della risistemazione della piazza; il palazzo del Governatore fu così ristrutturato in eleganti forme neoclassiche, con l’inserimento dei tipici elementi decorativi; fu aperta anche la nicchia centrale, per ospitare la statua della Vergine Incoronata, scolpita da Jean-Baptiste Boudard. Nel 1829 la duchessa Maria Luigia incaricò Lorenzo Ferrari e Luigi Pazzoni della realizzazione delle grandi meridiane della facciata.

Negli anni venti l’interno ed il retro del palazzo subirono un importante intervento di ristrutturazione in stile razionalista, che conservò solo alcune delle antiche decorazioni interne.

L’intero edificio, sede di alcuni uffici comunali fino alla fine del XX secolo, fu sottoposto ad un completo restauro fra il 2000 e il 2009, che lo trasformò nell’odierno “Luogo d’Arte Moderna e Contemporanea”: inaugurato nel gennaio del 2010 con la mostra Nove100, ospita temporanee esposizioni di arte prevalentemente contemporanea.

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Un conservatorio, istituto delegato alla cura degli orfani e dei bambini poveri, non ancora specializzato in musica, ha avuto sede sin dall’inizio all’interno del convento e della chiesa sconsacrata del Carmine, dove ancora oggi si trova il Conservatorio di musica Arrigo Boito.

Nel 1769 il conservatorio diviene una Scuola di canto ad uso del Ducale Teatro (cui partecipano anche i religiosi), che nel 1825 diventa una vera e propria Scuola di musica dalla duchessa Maria Luisa d’Austria, moglie di Napoleone Bonaparte. Con la crescita della sua importanza gli allievi coristi cominciano a prestare servizio nella cappella di San Lodovico e al Teatro Ducale. Per qualche anno la stessa Maria Luigia dona a tutti gli allievi che hanno completato il corso lo strumento studiato, mentre elargisce 50 lire a coloro che superano i corsi di canto.

Nel 1840 decide inoltre di introdurre l’obbligo di studio di uno strumento, scelto tra violino, oboe, contrabbasso, fagotto, flauto e clarinetto, cui si aggiungono in seguito pianoforte, violoncello, corno, tromba, trombone, organo (quest’ultimo esclusivamente nella cappella di San Paolo) e uno studio particolare sulla composizione.

Il 12 giugno 1855 vi si aggiunge la scuola femminile, e la scuola prende il nome di “Regia Scuola di Musica”, completata poi nel 1859.

Per qualche decennio la scuola è diretta dal Maestro Giusto Dacci. Chiostro cinquecentesco del Conservatorio. Nel 1888 una legge italiana fortemente voluta dal sindaco di Parma Giovanni Mariotti, riformatore dell’Università parmigiana, chiude la Regia Scuola di musica, la distacca dagli Ospizi civili di Parma (dai quali fino a quel momento aveva dipeso amministrativamente in quanto ente assistenziale), avvia un’importante riforma degli studi musicali ed istituisce il Conservatorio di musica, istituzione autonoma dello Stato italiano.

L’istruzione musicale passa così definitivamente dall’ambito dell’assistenza sociale alla piena dignità di istruzione specializzata, come ben descritto nella relazione al parlamento di Giovanni Mariotti. Contestualmente, a seguito di un articolo del nuovo statuto del Conservatorio, viene promulgata un’apposita legge per accorpare l’archivio musicale della Regia Scuola di Musica (cioè i libri e le musiche in uso presso la scuola), alla musica di Maria Luigia conservata nella Biblioteca Palatina (partiture e spartiti del repertorio in uso della duchessa e della corte), nonché alle successive donazioni, prime fra tutte quelle di musica e di libretti del conte Stefano Sanvitale.

Si fonda così la nuova biblioteca dell’istituto, la Sezione musicale della Biblioteca Palatina, unico caso di biblioteca italiana musicale, la cui sede, struttura, e funzioni sono definite per legge. In essa viene da allora in poi collocato tutto il materiale bibliografico in uso alla scuola, inclusi i doni ricevuti dal Conservatorio.

La biblioteca sarà diretta per tutto il Novecento dal professore di ‘Storia della musica e bibliotecario’ in ruolo al Conservatorio di musica, mantenendo, da un punto di vista amministrativo, una gestione ibrida a metà tra il Conservatorio e la Biblioteca Palatina.

Con l’aiuto di Giuseppe Verdi, a fine Ottocento il Conservatorio di Parma entra in collaborazione con gli altri tre conservatori già esistenti in Italia nelle città di Milano, Napoli e Palermo. Sempre su indicazione di Giuseppe Verdi sono nominati quali primi direttori dell’istituto musicale i direttori d’orchestra Giovanni Bottesini e subito dopo Franco Faccio, cui viene in aiuto l’amico Arrigo Boito, che ricoprirà il ruolo di direttore onorario del Conservatorio (1890-1891), subito dopo aver concluso la stesura del libretto dell’opera Falstaff per lo stesso Giuseppe Verdi. Nel 1912 la Regia Scuola di Musica venne distaccata dal convitto.

Nel 1919 il Conservatorio viene intitolato ad Arrigo Boito. Nel 1913 viene inaugurata una sala concerti di 250 posti nell’ex refettorio del convento, che già disponeva di una sala da concerti intitolata a Giuseppe Verdi dai primi anni del Novecento.

Nel 2005 a seguito della riforma degli studi musicali (L. 508) il Conservatorio di Parma predispone ed adotta un nuovo statuto autonomo, attiva i corsi di livello universitario (Diploma triennale e biennale), dà dignità istituzionale al proprio Archivio storico ed al Museo storico – dedicato dal 1986 a Riccardo Barilla, ed istituisce una mediateca per la fruizione dei documenti conservati nell’archivio sonoro dell’istituto e delle registrazioni commerciali acquistate ad uso della didattica e dello studio personale degli allievi.

La Chiesa del Carmine, che per molti anni aveva assunto la funzione di deposito dell’Archivio di Stato, è stata di recente oggetto di un restauro architettonico e pittorico, concluso il quale la Chiesa è stata arredata a sala di concerto denominata Auditorium del Carmine ed inaugurata nell’Anno Accademico 2007/2008.

I lavori sono stati messi in atto e conclusi anche grazie all’impegno finanziario della Cassa di Risparmio di Parma. È stato raccolto e riordinato l’Archivio storico del Conservatorio, la maggiore raccolta documentaria di un istituto di istruzione esistente in Italia, dopo quella dell’Archivio del Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli.

Dall’istituzione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali la gestione della biblioteca è trasferita sempre più alla Biblioteca Palatina che, nel 2007, sopprime il preesistente ruolo di Responsabile della Sezione musicale, accentrando la gestione della biblioteca musicale nella figura del Direttore della Biblioteca Palatina.

La prescrizione di legge del 1888, ovvero che la Sezione musicale divenisse pienamente autonoma sia dal Conservatorio sia dalla Biblioteca Palatina, è rimasta da attuare anche per mancanza di disponibilità economica.

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L’Orto botanico di Parma è uno storico giardino, situato a Parma in strada Farini 90, ad angolo con lo stradone Martiri della Libertà; è gestito dall’Università degli Studi di Parma.

L’orto originario, detto “Giardino dei Semplici”, fu creato nel 1630[1] da Enrico Velario di Brabantia, per volontà del duca Ranuccio I Farnese; direttamente collegato alla Facoltà di Medicina dell’Università di Parma, costituiva allora uno spazio dedicato alla coltivazione di piante medicinali.

Il primo direttore fu Pompilio Tagliaferri, al quale successero, tra gli altri, Lorenzo Porta, suo allievo, Antonio Bacigalue, il conte Ponticelli e Giovanni Tommasina.

Negli anni il giardino fu spostato nei pressi della chiesa di San Francesco del Prato.

Nel 1768 il primo ministro Guillaume du Tillot riformò l’ordinamento dell’università, richiamando a Parma l’abate Giambattista Guatteri, che, in qualità di titolare della cattedra di Botanica, nel 1770 rifondò il giardino, detto da allora “Orto Botanico”, spostandolo nell’attuale collocazione, occupata in precedenza da una tintoria e dai terreni ad essa connessi.

Nel 1777 iniziò la ricostruzione dei vecchi capannoni, che furono trasformati in serre neoclassiche dall’architetto di Corte Ennemond Alexandre Petitot; i lavori terminarono nel 1793.

Negli stessi anni il progetto riformatore del Guatteri arricchì l’orto di nuove specie esotiche, anche grazie al contatto con altre realtà simili sparse per l’Europa; fu tracciato allora il giardino all’italiana nello spazio centrale e furono piantate numerose alberature, alcune delle quali tuttora esistenti.

Nel 1793 Baldassarre Pascal ereditò dal suo maestro la cattedra di Botanica, sospesa nel 1802; la direzione dell’Orto passò a Bartolomeo Barbieri.

Nel 1817 la duchessa Maria Luigia attribuì l’incarico al famoso naturalista Giorgio Jan, che, avvalendosi della collaborazione con l’entomologo Camillo Rondani e il professor Pellegrino Strobel, arricchì l’erbario e riformò l’Orto. Nel 1843 gli succedette il medico Giovanni Passerini, che proseguì l’opera di rinnovamento intrapresa, attraverso l’introduzione di nuovi metodi di ricerca; scrisse inoltre il volume Flora dei contorni di Parma, considerato uno dei primi esempi di guida tascabile. Nel 1893 gli subentrò Carlo Avetta e in seguito Francesco Lanzoni.

Fra il 1950 e il 1984 la direzione fu affidata a Fausto Lona, che modificò l’Orto edificando la serra alpina e quella tropicale e arricchendo notevolmente la varietà delle specie presenti. Nel 1992 la gestione fu trasferita all’odierno Dipartimento di Bioscienze, con sede al campus universitario.

Nel 2008, a causa della mancanza di fondi, l’Orto rischiò la chiusura, scongiurata l’anno seguente grazie a numerosi volontari, che, raccolti sotto il nome di “Amici dell’Orto”, da allora collaborano, in convenzione con l’Università, alla sua gestione.

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