La Valpolicella terra di storia, cultura e vino

La Valpolicella terra di storia, cultura e vino

La Valpolicella (Valpolesèla in veronese) è la zona collinare che precede l'inizio delle Prealpi Veronesi, nella Regione Veneto. Essa comprende il territorio di sette comuni, tutti appartenenti alla provincia di Verona. La valle, che si estende per 240 km², confina a sud con il fiume Adige, è delimitata ad est dalle colline di Parona e di Quinzano e dalla Valpantena, mentre a nord si protrae fino ai monti Lessini. A ovest è invece separata dalla valle dell'Adige dal monte Pastello. Rinomata fin dai tempi di Roma antica per la viticoltura, e in particolare per il vino Amarone della Valpolicella, è altresì importante per l'estrazione del marmo rosso di Verona. Dal punto di vista architettonico, il paesaggio della Valpolicella è adornato di ville venete di grande pregio ed è abbellito da capitelli votivi, chiesette, pievi, contrade e corti, che arricchiscono il territorio con testimonianze di anni di storia.

La Valpolicella, trovandosi in una posizione geografica favorevole (a metà strada tra Pianura Padana e Alpi, nonché vicino al fiume Adige) è sempre stata sia un'importante via di comunicazione che un favorevole luogo d'insediamento. Ritrovamenti archeologici hanno dimostrato la presenza dell'uomo fino dall'età della pietra; tra questi, la scoperta di una grotta nei pressi di Fumane, che fu abitata dall'uomo di Neanderthal e che oggi viene chiamata riparo Solinas, dal nome del suo scopritore. Le ricerche, iniziate nel finire XIX secolo hanno permesso di portare alla luce ulteriori insediamenti preistorici; in particolare ne sono state trovate tracce presso il "vaio dei Falconi", in località "Archi" a Castelrotto, nei còvoli del vaio della Marchiora e presso le "Scalucce" nei pressi di Molina. In quest'ultima, sono stati trovati reperti archeologici che confermano la presenza di uomini dalla fase media del neolitico (cioè a circa 3.000 a.C.) fino all'età del bronzo, con un'intensa occupazione nel periodo che va dal 2500 al 2000 a.C .

Durante la dominazione romana, iniziata attorno al II secolo a.C., la Valpolicella era abitata dagli Arusnati, popolazione di probabile origine etrusca o comunque italica, che vi si stanziò nella zona già a partire dal V secolo a.C. Le tracce lapidarie che ci testimoniano l'esistenza di questo popolo sono oggi custodite a Verona, presso il Museo lapidario maffeiano e nel museo annesso alla pieve di San Giorgio di Valpolicella. Proprio nei pressi dell'antica pieve, sono stati trovati frammenti di più di 200 statuette votive in terracotta rappresentanti divinità, offerenti e animali, attribuibili alla popolazione pre-romana. Nonostante fosse sottoposta all'impero romano, la Valpolicella poté godere di una forte autonomia amministrativa che conservò per molta parte della sua storia. Proprio in questo periodo si ha notizia dell'inizio della coltivazione della vite. Il territorio era al centro di una ricca e fiorente economia, come testimoniano i ritrovamenti di due ville romane, una a Negrar (dotata di un ampio salone e di un prezioso mosaico), l'altra a San Pietro in Cariano.

Il clima di pace e prosperità che ha caratterizzato quasi tutta la storia della Valpolicella è stato sicuramente propiziatorio del fiorire delle arti. Se del periodo storico antecedente l'anno mille ci sono rimaste ben poche testimonianze artistiche (fatta eccezione per il notevole ciborio presente presso la pieve di San Giorgio, di epoca longobarda), dall'Alto Medioevo in poi se ne possono trovare numerosi esempi. Del patrimonio artistico e architettonico della valle fanno bella mostra gli edifici religiosi, ed in particolare le antiche pievi. Oltre alla già citata pieve di San Giorgio, nel comune di San Pietro in Cariano troviamo la pregevole pieve di San Floriano. Questa è datata intorno al XII secolo, sebbene edificata su precedenti luoghi di culto pagani, e presenta all'interno dipinti di autori settecenteschi. Interessante la chiesetta di San Martino di Corrubbio per il ciclo di affreschi, di cui oggigiorno rimangono solo alcuni frammenti. Altre pievi si trovavano a Negrar (con una bella e vetusta torre campanaria) e ad Arbizzano. Pregevoli anche alcune chiese parrocchiali edificate tra il XVIII e il XIX secolo

Tra il 1922 e il 1924 Giuseppe Trecca progettò, in veste di architetto, la chiesa parrocchiale di Marano di Valpolicella, e dal 1924 diresse i lavori per la decorazione di quella di Fumane. Non si può parlare di architettura in Valpolicella senza parlare delle sue ville venete che, a partire dal XV secolo, sono qui sorte in gran numero. Oltre alla bellezza architettonica di queste opere (le progettarono architetti del calibro di Michele Sanmicheli e Andrea Palladio), spesso esse conservano al loro interno preziosi affreschi. Gran parte della pittura che possiamo trovare in Valpolicella è principalmente a soggetto religioso. Un pregevole dipinto di Antonio Badile è ammirabile presso la chiesa parrocchiale di Mazzurega mentre una tela di Paolo Farinati, datata 1590, è conservata in quella di Prun. La chiesa di San Marziale di Breonio conserva opere di Francesco Morone. Altri pittori che hanno contribuito al patrimonio pittorico valpolicellese sono: Francesco Lorenzi, Agostino Ugolini, Marcantonio Bassetti, Domenico Brusasorzi e Giorgio Vasari, al quale viene attribuita una tela, raffigurante una "Madonna e Santi", conservata presso la cappella della villa Da Sacco di Arcè.

Da sempre la Valpolicella ha avuto nell'agricoltura la sua principale fonte di ricchezza. Soprattutto negli ultimi anni la storica vocazione alla viticoltura ha fatto fiorire l'economia della valle, con la nascita di molte aziende agricole e cantine sia a gestione familiare che vere e proprie imprese industriali famose in tutto il mondo. L'esportazione di vino imbottigliato copre i mercati di tutto il mondo e in particolare il Nord America e l'Europa centrale, ma sono in ampliamento anche i mercati dell'est. Il vino più quotato sul mercato è l'Amarone, sempre fatto con le uve del Valpolicella. La produzione di uva si stima essere ampiamente superiore ai 550.000 quintali. I vigneti più pregiati si trovano in collina, dove per permettere la coltivazione sono stati creati dei terrazzamenti, chiamati in dialetto le marogne. Per la difesa e la valorizzazione dei vini tipici della Valpolicella, il 9 febbraio 1925, venne costituito un consorzio che esiste tuttora. Seppur di minor importanza rispetto alla coltivazione della vite, anche gli alberi da frutto contribuiscono sostanzialmente al sostentamento dell'economia della valle. Dalla metà del XIX secolo si sono accresciute, nella parte meridionale della zona, ampie coltivazioni di pescheti (in particolare a Pescantina), mentre la parte più centrale e collinare si è caratterizzata per la coltivazione del ciliegio (in particolare a Cerna, Cavalo, Prun e Molina). Le pesche di queste zone sono state a lungo considerate le migliori del Veneto e nella bassa Valpolicella sono sorti numerosi consorzi ed aziende specializzate nella loro lavorazione ed esportazione (in particolare verso la Germania). L'intensa attività agricola ha stimolato alla creazione di molte cooperative ed aziende sociali che hanno affiancato negli anni le grandi aziende private. A San Pietro in Cariano ed a Negrar sono presenti cantine sociali e cooperative cerasicole che offrono ai propri soci importanti infrastrutture. L'agricoltura in Valpolicella è però sempre stata minacciata dal fenomeno della grandine, nonostante siano stati studiati e sperimentati numerosi rimedi nel corso degli anni. Per la protezione dei frutteti si è spesso fatto ricorso all'uso di reti protettive. I coltivatori di vitigni sono costretti a combattere anche un'altra piaga che ha messo più volte nella storia in ginocchio la vendemmia, la fillossera.

Valpolicella è sinonimo di viticultura; vi si produce infatti il "Valpolicella", pregiato vino italiano DOC. Esso si ottiene dalle uve di tre vitigni diversi presenti nel territorio: la Corvina, la Molinara e la Rondinella. Si ha notizia della dedizione del territorio verso la viticultura già in epoca romana, ma è nel Medioevo che si ebbe una forte crescita dell'attività. Si pensa che già nel XIV secolo il 30-40% del territorio agricolo fosse dedicato esclusivamente alla coltivazione dell'uva. Oltre al "Valpolicella" possiamo trovare il "Valpolicella classico", che viene realizzato esclusivamente da vitigni situati nella zona della Valpolicella storica (nella zona, appunto, "classica") e il "Valpolicella Ripasso", caratterizzato da una macerazione con vinacce fermentate di uve appassite. Dal ripasso si realizza un'ulteriore tipologia di vino: il Valpolicella Superiore, che grazie ad un affinamento lungo almeno un anno, arriva a possedere un'alcolicità più elevata, un'acidità più bassa e una maggior rotondità. Il Valpolicella è adatto ad abbinarsi con svariati salumi e prodotti di norcineria locali (quali lardo, soppressa, pancetta), con primi piatti di pasta, riso e soprattutto con minestre e zuppe di verdure. Per quanto attiene i secondi piatti, si accompagna sia con quelli della cucina tradizionale (come il fegato alla veneziana) che con le carni bianche. Ottimo con i formaggi di media stagionatura. L'Ottocento è il secolo in cui nacquero e si svilupparono le scienze agronomiche e viticole. È questo il periodo nel quale vennero fondate le prime cantine sociali. Nel 1888 si sentì parlare per la prima volta di Recioto (chiamato allora Rechiotto, vino prodotto con le medesime uve e nelle medesime zone dei vini del "Valpolicella", ma dopo averle sottoposte ad un leggero appassimento. Questo vino dal sapore dolce e vellutato, considerato da dessert, si sposa in particolare con un cioccolato intenso. È proprio partendo dal Recioto che si ebbe la nascita di uno dei vini rossi veneti più conosciuti, che ha reso la Valpolicella celebre in tutto il mondo: l'Amarone. Il nome deriva dalla parola “amaro”, adottata per distinguerlo dalla dolcezza del Recioto da cui origina. Esso nacque nel 1936 nella Cantina Sociale Valpolicella, ma per avere una sua prima commercializzazione ufficiale si dovette aspettare il 1953, anno nel quale avvenne il primo imbottigliamento da parte della cantina di Negrar. L'Amarone risulta essere in sintonia con i cibi dell'autunno e dell'inverno, come ad esempio: brasati, stracotti, spezzatini e arrosti soprattutto di selvaggina ovvero con piatti "importanti". Si adatta bene anche con i salumi (come la soppressa veronese) ed ai piatti tipici della tradizione valpolicellese, quali "pasta e fasoi" e lo stesso "risotto all'Amarone”

Fin dall'antichità la Valpolicella è stato il fulcro di un'intensa attività di estrazione di marmo pregiato. Molti monumenti di Verona sono stati edificati utilizzano questo marmo, e molto probabilmente anche le pietre che compongono l'Arena di Verona provengono da qui. Molti altri monumenti veronesi sono stati edificati grazie a questi marmi, ma forse il più insigne esempio ci viene dalla rinascimentale cappella Pellegrini, dove l'architetto Michele Sanmicheli raggiunse altissimi livelli di eleganza e magnificenza anche grazie all'utilizzo del nembro bianco di Selva di Sant'Ambrogio, un tipo di marmo conosciuto anche come bronzino. Il tipo più caratteristico di marmo qui estratto è la pietra di Prun. Lo scavo di questa pietra ha origini antichissime, risalenti all'epoca medioevale o addirittura romana. Un'altra pietra molto importante è il marmo rosso di Verona (un tipo di rosso ammonitico), lavorato nella zona più a ovest della valle: questa estrazione, che è in corso da venti secoli, è essenziale per la decorazione di elementi architettonici, pavimenti e sculture. Anche il tufo, estratto in particolare nelle colline tra Negrar e Valgatara e a Corrubbio, è stato estratto fin dai tempi dei romani, come testimoniano molte costruzioni realizzate con esso. A partire dal XIX secolo, grazie al miglioramento delle vie di comunicazione, il marmo valpolicellese, sia grezzo che lavorato, ha iniziato ad essere esportato al di fuori dai confini nazionali, ed in particolare verso Austria, Germania, Polonia, Inghilterra e Americhe. Nel periodo tra le due guerre, l'attività estrattiva ha subito profondi rallentamenti dovuti alla mancanza di manodopera e di richiesta; anche il periodo autarchico, voluto dal fascismo, ha causato l'interruzione dei commerci esteri che si erano ben avviati sul sorgere del XIX secolo. A partire dal termine della seconda guerra mondiale la produzione di marmo ha sperimentato una rapida crescita, così che nel 1969 si è arrivati a contare circa 140 aziende che occupavano oltre mille lavoratori

Per maggiori informazioni potete consultare: https://it.wikipedia.org/

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